Hai il cuore che va a 100… ti manca il respiro… senti un affanno continuo per ogni cosa che fai o devi fare?
Sei preoccupato, agitato e spesso non sai nemmeno perché?...
Ognuno di noi, nel corso della propria vita ma talvolta anche nel corso della propria giornata.. si sente in ansia. Talvolta è riconducibile ad un momento preciso, ad una causa, ad un fattore scatenante. Per uno studente può essere il momento di una verifica, per un lavoratore può essere il momento in cui affronta il proprio capo per chiedere un permesso oppure può essere anche soltanto, semplicemente, il momento in cui l’innamorato decide di dichiarare il proprio sentimento all’amata. Tutte situazioni che attivano uno stato d’ansia transitoria; una sensazione di impegno fisiologico che si traduce spesso in palpitazione, tremolio, sudorazione, aumento della frequenza respiratoria, talvolta in una sensazione di affanno e che impegna anche da un punto di vista mentale perché la nostra mente è pervasa da questo pensiero, ha questo pensiero fisso. Talvolta invece lo stato d’ansia ci accompagna in continuazione, è un affanno percepito di continuo, è una sensazione di angoscia che viene avvertita per tutto ciò che facciamo o che vorremmo fare e ci toglie il fiato quasi fosse un’oppressione. Spesso non riusciamo nemmeno a dare un nome a questo sentire e nemmeno ad attribuirne la causa; è un’angoscia tradotta in tutt’uno con quello che facciamo e crea il nostro “star male” e il nostro corpo è un tremolio continuo, una continua agitazione, una paura e ci limita, porta via energia e ci toglie la voglia di fare le cose. Il noto psicologo ricercatore americano Spielberger direbbe: “ Abbiamo l’ansia di stato e l’ansia di tratto. La prima ha un carattere transitorio emozionale legato ad una specifica situazione, la seconda è tendenza a rispondere in maniera elevata a situazioni percepite come minacciose” E allora che fare? Che tipo di ansia abbiamo? E come la affrontiamo? La prima difficoltà è parlarne: raramente lo diciamo, poche volte lo ammettiamo quando qualcuno ci dice “sei ansioso?” e ancor meno lo raccontiamo, lo esplicitiamo a parole o lo confidiamo a chi ci stà vicino. L’essere ansiosi è sempre stato etichettato quale forma di debolezza, di “anormalità”, di patologia, un sentire poco consono all’essere accettati e valorizzati, uno stato del nostro essere che conviene più censurare che raccontare. L’essere considerati “ansiosi” è quasi sempre percepito come uno stigma che nessuno vorrebbe sentirsi attribuire perché racchiude dei pregiudizi impliciti: la paura di essere giudicati “deboli” o “disturbati” , la paura di essere esclusi da un gruppo o evitati o poco apprezzati, la paura di non essere accettati, la paura di non farcela. Quante volte ci siamo sentiti dire: “ma va bè… quella lì è ansia.. sei ansioso.. dai… non preoccuparti!” E il tutto viene sdrammatizzato, quasi giustificato, raramente considerato importante. A prescindere dalla causa e dalla tipologia ricordiamo che l’ansia, di per sé, non è un fenomeno patologico. Nasce quale meccanismo di difesa e di adattamento alla sopravvivenza. Consente di riconoscere facilmente e rapidamente un pericolo e permette di mobilitare le risorse appropriate per affrontarlo. Alla luce di tutto questo, il vivere uno stato d’ansia, a prescindere che sia dovuto ad una circostanza, ad un momento o al nostro modo di rispondere agli eventi, quando diventa disfunzionale, và affrontato, và rielaborato e ripristinato al suo valore essenziale, quello di essere una difesa e un adattamento funzionale alla nostra Vita. Dott.ssa Nadia Grotto
Comments